Due gocce di assenzio by Gianfranco Camin

autore:Gianfranco Camin [Camin, Gianfranco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Kappa Vu
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

5Hai più fortuna che intelligenza!

7. Giovedì.

Le previsioni del barista Ermes Zauri si rivelarono azzeccate. Tre giorni di pioggia fitta non fecero altro che innervosire Boz, costretto a guidare le indagini dalla sedia rinforzata del suo ufficio. Nelle giornate precedenti aveva lasciato agli agenti della sua squadra le investigazioni sul campo. Ogni sera tornavano al commissariato bagnati fradici come pulcini.

L’ipotesi di Mattiussi era stata presa sul serio dal piemme Durigon, ma con quel tempaccio non c’era modo di esaminare i terreni della contrada in cerca di una sepoltura. Perciò i sottoposti avevano dovuto limitarsi a raccogliere informazioni al riguardo presso le famiglie di Anciis. Effettivamente quando i poliziotti avevano chiesto in maniera esplicita se le Maseret si facevano vedere qualche volta assieme, nessuno dei residenti aveva dato una risposta affermativa. Fatta notare questa strana coincidenza anche gli interrogati avevano colto il significato delle domande degli agenti e erano arrivati alle stesse conclusioni del giovane Mattiussi. Incrociando le varie testimonianze risultava che erano passati più di due anni da che Vera e Elvira erano comparse in pubblico simultaneamente. Tutti si ricordavano perfettamente dell’occasione perché era successo il giorno in cui uno dei ruderi post terremoto era crollato pericolosamente verso la strada. E tutta Anciis era accorsa.

Finalmente quella mattina era uscito il sole e la squadra era risalita in contrada in cerca di conferme. L’umore di Piersante si guastò quando alla comitiva si aggiunsero quelli della scientifica, guidati dall’odiato Cimino.

«Non si poteva evitare, se c’è qualcuno che può aiutarci sono loro» lo rabbonì Pin, invano.

Arrivati sul posto, Biasutti, Drigo e Delle Vedove furono messi a disposizione dei tecnici per supportarli nella ricerca, data l’ampiezza dei terreni da monitorare. Cominciarono a scaricare attrezzature dai mezzi, sotto lo sguardo tra il curioso e l’infastidito dei pochi presenti.

Boz si tenne in disparte, piazzandosi accanto al larice, consueto compagno in quell’inchiesta. Poco dopo lo raggiunse Marina Viotti.

«Lei non si aggiunge alla festa?» esordì la donna, intanto che strofinava energicamente le lenti dei grandi occhiali da vista.

«A fare che? Non capisco l’utilità di tutto ciò» disse l’ispettore, indicando le strumentazioni che stavano preparando gli altri.

«Vuole una lezioncina veloce sulla ricerca di cadaveri?» propose sorridente lei.

«Se non posso evitarla» replicò scorbutico Piersante. «Sempre meglio che stare ad ascoltare il suo capo.» La voce dal marcato accento meridionale di Cimino giungeva fino a loro mentre catechizzava la truppa.

«Quando si sotterra un corpo» cominciò a spiegare Marina, «si fanno un sacco di disastri senza saperlo. Il terreno, come sanno tutti quelli che hanno un orto, è composto di strati differenti l’uno dall’altro, per spessore, composizione, struttura, compattezza.» Guardò l’ispettore, il quale assentì con la testa.

«Già dal primo colpo di badile» continuò la donna, «l’equilibrio stratigrafico viene sconvolto. E una volta sepolto il cadavere, questi verrà ricoperto dallo stesso terriccio mescolato alla rinfusa. Il suolo, in quel punto, avrà subito uno sconvolgimento tale che la vegetazione ricrescerà in maniera diversa dalle zone prossimali. All’inizio più lentamente, poi, assorbite le sostanze disciolte dal corpo in putrefazione, più velocemente.»

«Peccato che qui siamo in una zona agricola dove la terra è smossa continuamente» obiettò Boz.

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